Gli inquinanti dell’aria in città
In città siamo esposti a diversi inquinanti atmosferici che provengono principalmente dal traffico e, in inverno, dagli impianti di riscaldamento domestici.
In città siamo esposti a diversi inquinanti atmosferici che provengono principalmente dal traffico e, in inverno, dagli impianti di riscaldamento domestici.
Complessivamente, nelle aree urbanizzate la porzione di inquinamento dell’aria più rilevante deriva quasi sempre dal traffico.
I trasporti sono, non solo la fonte più abbondante e varia di inquinanti atmosferici urbani, ma anche quella più pericolosa perché le emissioni derivanti dalla combustione dei motori si sprigionano a pochi metri, o meno, da noi.
La rilevanza delle sorgenti in città è ben rappresentata da questo grafico che raffigura a titolo esemplificativo le diverse fonti emissive nell’area di Milano, in blu quelle da traffico.
Il Grafico mostra, ripartiti in percentuali su base annua i contributi delle diverse fonti di emissioni ai principali inquinanti atmosferici per il territorio milanese (dati INEMAR-ARPA Lombardia 2020)
La conformazione delle città, che ostacola la dispersione degli inquinanti, e la densità di popolazione che determina la maggiore quantità di emissioni derivanti dal traffico e dall’energia consumata negli edifici spiegano l’accumulo delle concentrazioni di inquinanti in città.
L’inquinamento che respiriamo in città è riconducibile a diversi ambiti spaziali (di prossimità, di vicinato e a lunga/media distanza) come mostrato da questa immagine.
Spesso, in un punto della città esposto ad emissioni di prossimità come il traffico l’inquinamento che entra nei nostri polmoni insieme all’aria che respiriamo arriva ad essere prodotto per oltre il 60/70% e oltre, proprio vicino a noi e in città.
Per questo le azioni su base locale sono fondamentali per ridare aria alle città.
La cattiva qualità dell’aria che respiriamo in città dipende, tuttavia, anche da inquinanti prodotti da fonti diverse, trasportati per decine, a volte centinaia di chilometri.
Questi inquinanti, che normalmente provengono dall’attività industriale, dall’agricoltura, dalla combustione della legna, dai trasporti a lunga distanza, navi e aerei, contribuiscono in maniera maggiore o minore all’inquinamento di ogni città a seconda della distanza del punto in cui sono prodotti e dall’intensità delle emissioni.
Il Grafico mostra che la distribuzione dell’inquinamento cambia quanto più ci si avvicina alle strade più trafficate, dove le concentrazioni di PM2.5 o NO2 sono considerevolmente più alte.
Come in una stanza – L’inversione termica
D’inverno in Pianura padana specialmente ma anche in altre zone d’Italia accade che la temperatura, in quota, aumenti invece di diminuire: cioè sotto è freddo e sopra è caldo, mentre normalmente è viceversa. Si crea così uno strato prossimo al suolo dove la temperatura è inferiore a quella dello strato superiore, che è quello di inversione termica. Questo strato è stabile e impedisce il rimescolamento verticale. Nello strato inferiore, quello più freddo, hanno quindi spesso origine nebbie e foschie e, in prossimità delle grandi aree urbane, il mancato rimescolamento dell’aria favorisce l’accumulo degli inquinanti che rimangono “intrappolati” nello strato più basso. Nelle aree soggette a questo fenomeno le misure di riduzione delle emissioni devono essere, per proteggere la salute dei cittadini, ancora più incisive che altrove.
Questo fenomeno spiega anche perché ridurre il traffico e agire anche aumentando le misure a seconda della meteorologia per evitare l’accumulo è sempre benefico soprattutto in situazioni di stabilità climatica che ostacolano la dispersione. E’ come essere in una stanza con le finestre sigillate con 10 fumatori: per evitare di peggiorare la qualità dell’aria puoi chiedere loro almeno di smettere di fumare.
L’aria e la nostra salute
L’Organizzazione Mondiale della Sanità spiega che vi è una correlazione diretta fra la quantità di inquinanti atmosferici alla quale siamo esposti e l’incremento del tasso di mortalità e di malattie. Una correlazione che esiste sia per l’esposizione nel lungo periodo, che per quella a breve termine, che va da pochi giorni a qualche ora.
Nel 2012 e nel 2013 lo IARC (International Agency for Research on Cancer) ha classificato i fumi dei diesel e l’inquinamento atmosferico in generale, e il particolato atmosferico come separata componente dell’insieme dell’inquinamento, cancerogeni di Grado 1 per l’uomo, evidenziando l’esistenza di collegamento con l’insorgere di tumori ai polmoni e alla vescica.
Gli inquinanti principali sono:
Il particolato
Il particolato ha dimensioni diverse. Normalmente, a proposito dei limiti di legge si parla di PM10, il cui diametro è circa 7 volte più piccolo di quello di un capello umano, di PM2.5 e di PM1. Il numero che segue la sigla PM fa riferimento ai micrometri (µm).
La ricerca recente ha evidenziato il ruolo per la salute del particolato ultra fine (UFP) ovvero di quello che ha una dimensione ancora più piccola ovvero inferiore a < 0.1µm.
Sebbene il UFP costituisca solo una piccola frazione della massa del PM2,5, esso rappresenta tuttavia la maggior parte della concentrazione numerica di particelle all’interno del PM2,5. Studi tossicologici ipotizzano che il particolato ultra-fine sia una componente particolarmente tossica del PM2,5 a causa delle piccole dimensioni, della grande quantità e del fatto di avere un’ampia superficie rispetto al volume.
Se la dimensione del particolato è importante per la sua diversa capacità di entrare in circolo nel nostro organismo, nel nostro sistema sanguigno o di raggiungere il nostro sistema nervoso attraverso il nervo olfattivo e vagale, la sua composizione chimica è altrettanto importante.
La ricerca indica che le sostanze incluse nel particolato, che siano frazioni di metalli (CD, PB, AS, NI etc), idrocarburi policiclici aromatici (IPA) o nero fumo (black carbon/EC), comportano effetti diversi e gravi per la nostra salute a seconda della tossicità dei singoli elementi e dell’insieme degli stessi.
Sulla base dei dati più recenti – riferiti al 2017 – l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima che l’esposizione al particolato atmosferico (PM2.5) causi ogni anno in Italia la morte prematura di 52.300 persone. In base ai dati dello studio VIIAS si stima che circa un terzo di queste morti premature si verifichi in Lombardia.
Il particolato può avere natura primaria, quando è emesso direttamente in atmosfera, o secondario quando è parzialmente il prodotto della trasformazione in particolato per effetto di reazioni fotochimiche in atmosfera.
Il particolato “secondario” contiene normalmente composti di solfato, nitrato, cloruro e ammonio, carbonio organico e metalli condensati. La combustione di fossili – come i carburanti delle auto – si traduce in PM2,5 altamente arricchito quanto a elementi volatili e potenzialmente tossici. Questi includono zinco (Zn), arsenico (As), selenio (Se) e cadmio (Cd).
Al cd. black carbon, la fuliggine che proviene dalla combustione incompleta dei carburanti, è stata riconosciuta una tossicità particolarmente rilevante. Elementi di black carbon sono stati individuati nella placenta umana (sulla parete verso il feto), nelle urine dei bambini(1) evidenziando il rischio che queste sostanze possano provocare danni alla salute del nascituro.
Per approfondire guarda il webinar che abbiamo organizzato con il JRC su “Inquinamento e particolato fine: cosa fare per migliorare l’aria in città?”
Il biossido di azoto
Il biossido di azoto (NO2) si forma in atmosfera dal monossido di azoto (NO) e fa parte del gruppo di gas reattivi conosciuti come ossidi di azoto (NOx). L’NO2 viene rilasciato in atmosfera principalmente dalla combustione di carburanti fossili dai veicoli, principalmente diesel, dai mezzi da cantiere, dagli impianti di riscaldamento domestici, da navi e aerei, dagli stabilimenti industriali.
In atmosfera il biossido di azoto si converte in acido nitrico, che cade al suolo e sulla vegetazione causando fenomeni di eutrofizzazione e acidificazione. In atmosfera, inoltre, contribuisce alla formazione di PM2,5 e ozono (O3).
L’NO2 è un irritante delle vie aeree del nostro sistema respiratorio. L’esposizione all’NO2 per brevi periodi può aggravare le malattie respiratorie, in particolare l’asma, portando a sintomi respiratori (come tosse, respiro sibilante o difficoltà respiratorie), ricoveri e accessi al pronto soccorso.
Esposizioni più lunghe a concentrazioni elevate di NO2 sono associate all’insorgenza di tumori al polmone, allo sviluppo dell’asma e all’incremento di suscettibilità alle infezioni respiratorie.
L’NO2 è un inquinante che si riduce in maniera significativa e rapida eliminandone la fonte principale, il traffico diesel. Per approfondire, leggi la ricerca condotta per noi da ARIANET sull’incidenza del traffico sull’NO2 a Milano e guarda il nostro webinar sull’NO2 Atlas con gli esperti del Joint Research Center della Commissione Europea.
Lo studio VIIAS stima che in Italia ogni anno muoiano prematuramente circa 23000 persone a causa dell’esposizione al biossido di azoto. Durante il lockdown le concentrazioni di biossido di azoto in pianura padana si sono ridotte del 45% circa.
L’ozono
L’ozono che protegge l’alta atmosfera non va confuso con quello che si trova a livello del suolo, detto troposferico, che è un inquinante secondario che si forma per effetto di reazioni fotochimiche (cioè in presenza di radiazione solare) tra vari inquinanti, come gli ossidi di azoto (NOx, emessi principalmente dai veicoli diesel), i composti organici volatili (COV, emessi da veicoli, solventi e industria), il metano (prodotto a sua volta ancora dalle emissioni dei combustibili fossili, dall’agricoltura, dalla gestione dei rifiuti), il monossido di carbonio (CO) che deriva dalla combustione incompleta di combustibili.
Per la sua origine fotochimica l’ozono ha le sue concentrazione maggiori durante il periodo estivo.
L’ozono è un inquinante nocivo per la nostra salute. Le persone più a rischio sono gli asmatici, i bambini, gli anziani, gli atleti e chi lavora in ambiente esterno.
Respirare l’ozono può indurre dolore al petto, tosse, irritazione alla gola e infiammazione delle vie aeree, può danneggiare il tessuto polmonare e ridurre la funzione polmonare, aggravare la bronchite, l’enfisema e l’asma, causando la necessità di aumentare le cure mediche.
Sulla base dei dati più recenti l’Agenzia Europea per l’Ambiente stima che nel 2018 si è verificato un incremento del 25% della mortalità causata dall’ozono in Europa.
29% di tutti i decessi e le malattie da cancro ai polmoni
17% di tutti i decessi e le malattie dovute a infezioni acture delle basse vie respiratorie
24% di tutti i decessi per ictus
25% di tutti i decessi e le malattie da cardiopatia ischemica
43% di tutti i decessi e le malattie da malattia polmonare ostruttiva cronica
La correlazione fra la quantità di inquinamento a cui siamo esposti e la nostra salute evidenzia la gravità della situazione italiana, e di quella padana in particolare.
Secondo il Rapporto dell’Agenzia Europea per l’Ambiente sulla qualità dell’aria in Europa 2019 evidenzia che considerando 538 milioni di cittadini europei, solo 2,5 milioni di questi vivono in aree in cui tutti e tre i limiti di legge per l’aria (PM 2.5, NO2, O3) vengono superati. 2 milioni di questi, ovvero il 3,3% della popolazione italiana, vive in Pianura Padana, per la gran parte nell’area metropolitana di Milano.
Cosa puoi fare per attivarti?
Che tu sia genitore, dipendente, cittadina o cittadino, azienda o organizzazione il modo migliore per attivarti è scrivendo direttamente ai tuoi rappresentanti per l’area di Milano, Roma o Napoli. Ogni lettera che viene loro inviata conta per sommarsi alle altre voci che chiedono un cambiamento.
Puoi anche sostenerci diventando parte dell’associazione, oppure diffondere le informazioni e le buone pratiche tramite volantino nei luoghi pubblici e nelle scuole o con delle pratiche aziendali.