“Serve la giustizia europea per consentire ai cittadini italiani di ottenere la protezione alla
quale hanno diritto.” Questa la reazione dell’associazione Cittadini per l’Aria alla notizia della
condanna dell’Italia (nella Causa C-573/19) per il mancato rispetto, “sistematico e
continuativo”, del valore limite annuale fissato per il biossido d’azoto (NO2) in varie zone del
Paese.
Da anni, Cittadini per l’Aria chiede ai governi nazionali e regionali succedutisi nel tempo, una
pianificazione che riduca molto più efficacemente e velocemente l’esposizione dei cittadini
italiani agli inquinanti dell’aria, ed in particolare al biossido di azoto. Tali azioni si sarebbero
dovute attivare 10 anni orsono e anche più, quando già era noto il contributo che il traffico,
e la combustione dei carburanti fossili, dà alle concentrazioni dell’NO2 nelle nostre città. Al
contrario questo tema sembra, nei fatti, essere lasciato sempre per ultimo.
“Proprio questa mattina abbiamo chiesto audizione alle Commissioni Trasporti, Welfare e
Ambiente della Camera” così Anna Gerometta, presidente dell’associazione, che continua: “la
pianificazione e attivazione delle misure deve essere più veloce e più focalizzata a proteggere
i milioni di cittadini che vivono nelle nostre città. Le misure incoerenti, come ad esempio il cd.
“Move in” che consente ai diesel più inquinanti di circolare a Milano e Torino, vanno
eliminate subito, mentre vanno adottate con urgenza tutte quelle misure – ormai note e
sperimentate da tempo – che consentano di dimezzare il traffico nelle nostre città nel più
breve tempo, dando spazio a una mobilità diversa.”
“E’ tempo che l’Italia decida cosa vuole dell’inquinamento da biossido d’azoto, non solo i
livelli erano elevati rispetto alle indicazioni della Unione Europea, ma oggi sono ancora più
intollerabili per la salute della popolazione se si considerano le nuove raccomandazioni
dell’Organizzazione Mondiale della Sanità” dice Francesco Forastiere, epidemiologo e
Visiting Professor all’Imperial College di Londra.
Significativo che le violazioni sistematiche e continuative si siano verificate nelle aree
urbane, dove la popolazione vive assediata dalle auto e dove a giudizio dell’associazione,
neppure durante il periodo della pandemia, si è posto in essere – come accaduto invece in
tante città europee – un vero sforzo per trasformare la mobilità dando spazio alle persone,
alla mobilità attiva e ad una visione nuova delle nostre città.
Il biossido di azoto, che proviene principalmente dalle emissioni dei veicoli diesel, nelle città
può avere, lungo le arterie di traffico, concentrazioni anche doppie rispetto al fondo urbano,
esponendo chi vi cammina e chi vi abita ad un rischio grave a breve e a lungo termine.
La ricerca scientifica ha ormai assodato una associazione fra l’esposizione all’NO2 e mortalità
e morbosità per tutte le cause, cardiovascolare o respiratoria, e cancro ai polmoni mentre
molti studi hanno indagato e ricollegato a questo inquinante esiti alla nascita (basso peso
alla nascita, nascita prematura), disturbi metabolici (diabete tipo 1) e allo sviluppo
neuro-comportamentale dei bambini.
Di rilievo che, fra le aree oggetto di condanna, vi siano due città portuali, Genova e Catania,
dove le emissioni delle navi hanno un peso di primaria grandezza nel contribuire alle
concentrazioni di questo inquinante. Un motivo in più perché l’Italia faccia il possibile per
ottenere che si adotti al più presto un’Area NECA – Area a Controllo delle Emissioni di NO2 –
nel Mediterraneo.
Cittadini per l’Aria ha promosso per tre anni (2017, 2018, 2020) il progetto NO2 No Grazie, la
campagna di monitoraggio civico che ha consentito di misurare questo inquinante in migliaia
di punti nelle aree urbane di Milano, Roma, Brescia, Napoli, e che, grazie alla collaborazione
con i ricercatori del Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario del Lazio, ha di
recente restituito agli amministratori locali la conclusione che, in un anno tipo, l’esposizione
al biossido di azoto causa a Milano 1507 morti premature e 1713 a Roma.
Di interesse per lo scenario italiano è anche l’accoglimento delle conclusioni della
Commissione Europea nella parte in cui si è ritenuto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi
della Direttiva 2008/50/CE poiché i piani per la qualità dell’aria, adottati in seguito al
superamento dei valori limite di concentrazione di NO2, non permettono né di conseguire
detti valori limite, né di limitare il loro superamento al periodo il più breve possibile. Tale
conclusione è in linea con la posizione tenuta dall’Associazione Cittadini per l’Aria e
l’Associazione Ipertensione Polmonare Italiana che, dal 2017, hanno domandato prima alla
Regione Lombardia e poi in sede giurisdizionale, il rinnovo della Valutazione Ambientale
Strategica per l’aggiornamento del Piano per la qualità dell’Aria regionale proprio sul
presupposto che il Piano del 2013 si fosse nel tempo dimostrato insufficiente a fronteggiare
l’emergenza ambientale che connota l’aria lombarda. Il Tribunale Amministrativo Regionale
per la Lombardia, prima, e il Consiglio di Stato, poi, hanno però ritenuto, a dispetto
dell’evidente insufficienza del PRIA a curare le violazioni dei limiti degli inquinanti, fra i quali
in particolare l’NO2, di non accogliere l’impugnazione considerando l’aggiornamento in
questione esente da vizi sebbene basato su una Valutazione Ambientale risalente a molti
anni addietro e nonostante le evidenze scientifiche, in particolare in tema di ossidi di azoto
e emissioni da traffico, intervenute nell’ambito del Dieselgate successivamente al 2013.