23 associazioni chiedono che il documento “Piano Nazionale Sicurezza Stradale 2030: Indirizzi Generali e Linee Guida di Attuazione” sia rivisto e modificato dal Ministero per le infrastrutture e la mobilità prima della definitiva approvazione, per una più approfondita analisi del problema violenza stradale e una modifica di alcuni aspetti di impostazione politica, culturale e tecnica: mancano mobilità sostenibile e sicurezza stradale in questo piano.
L’impostazione del piano, infatti, si poggia diffusamente sulla responsabilizzazione di chi la violenza stradale la subisce. Di contro, traspare una deresponsabilizzazione di chi invece i sinistri li causa. Velocità eccessiva, distrazione al volante e mancate precedenze le tre cause principali. Questa errata impostazione di fondo, allontana l’Italia sempre di più dagli attuali obiettivi dell’UE che prevedono di ridurre quasi a zero (c.d. Vision Zero) il numero di vittime della strada entro il 2050.
Questo Piano nazionale sicurezza stradale 2030: indirizzi generali e linee guida di attuazione (PNSS) fa ricadere sull’utenza vulnerabile della strada (ciclisti e pedoni) l’inadeguatezza di una rete stradale e di un sistema sanzionatorio che permette comportamenti irresponsabili e pericolosi dei conducenti dei veicoli a motore. Non si parla abbastanza di limitazione di velocità e numero dei veicoli su strada, così come dell’aumento della rete ciclabile e pedonale.
Come si può dedurre dalla lettura del documento strategico “EU Road Safety Policy Framework 2021-2030 – Next steps towards “Vision Zero“, il PNSS dimentica di accogliere tra le indicazioni europee sulla velocità di sicurezza: “[…] il rischio di essere coinvolti in uno scontro quando si corre è 12,8 volte maggiore che quando si mantengono velocità moderate”. E non individua nemmeno la riduzione della velocità tra le misure prioritarie per garantire la sicurezza di tutti gli utenti della strada. Parigi, Madrid, Bruxelles hanno già scelto di abbassare i limiti di velocità e Helsinki e Oslo hanno raggiunto l’obiettivo di zero vittime grazie al limite dei 30 km/h nelle aree urbane.
Si legge invece nel documento: “Prendendo come esempio i ciclisti, verrà presa in considerazione una serie di misure riguardanti sia le caratteristiche del veicolo nei confronti della sicurezza dei ciclisti, sia la formazione alla guida della bicicletta sia, infine, il comportamento in termini di capacità di riconoscere i pericoli”. Colpevolizzazione della vittima, appunto.
Secondo uno studio dell’arch. Veronica Sgarra, co-autrice del piano, i paesi europei più resistenti alla rigida pianificazione della sicurezza stradale ottengono risultati migliori in termini di abbattimento della mortalità. In particolare, per quanto riguarda la mobilità in bicicletta le condizioni di maggiore sicurezza si ottengono nei paesi con minor tasso di utilizzo del casco. In questo senso, uno degli strumenti di policy più efficace per la promozione della sicurezza stradale è la riduzione del parco dei veicoli circolanti a vantaggio della mobilità leggera e tuttavia questa misura non viene mai presa in considerazione, nonostante le potenziali sinergie con gli obiettivi di miglioramento della qualità dell’aria ed efficienza energetica/decarbonizzazione.
Allo stesso modo, tra le misure indicate tra le Linee Strategiche Specifiche per i bambini, invece che concentrarsi sull’obiettivo di eliminare i potenziali pericoli e ribadire la necessità di strade a misura dei più piccoli, di zone 30, di percorsi sicuri casa-scuola-casa e di zone scolastiche che permettano anche una maggiore indipendenza delle giovani generazioni, si sollecita la responsabilizzazione dei genitori/tutori “affinché prendano le opportune precauzioni, per evitare incidenti e lesioni ai propri bambini.
Proprio sul tema della “distrazione” si consuma il più grande abbaglio del MIMS: se nel documento Next steps towards ‘Vision Zero’ della Ue, la parola “distraction” appare 14 volte ed è sempre utilizzata per enfatizzare la necessità di ridurre gli incidenti legati alla distrazione degli automobilisti, in quello italiano la parola distrazione compare 5 volte ed è sempre utilizzata per stigmatizzare presunti comportamenti delle vittime.
Inoltre il 1 miliardo di Euro previsto come stanziamento è sicuramente un incremento importante rispetto al passato, ma insufficiente di fronte alla spesa di 24 miliardi l’anno in costi sociali dei sinistri stradali a carico dello Stato, come contabilizzato dallo stesso MIMS. MIMS che oltre a creare un piano inefficace, lo rende pure incoerenti con gli obiettivi europei dai quali dovrebbe trarre ispirazione. Secondo 23 diverse associazioni, è necessaria una radicale revisione, che può passare da alcuni di questi punti:
– aumento degli stanziamenti dedicati agli interventi di adeguamento della rete stradale, proporzionalmente agli obiettivi di risparmio dei costi sociali con la diminuzione dell’incidentalità, in particolare direzionati al controllo e alla moderazione della velocità;
– uso dei tutor sulle extraurbane incluse statali, regionali, provinciali e intercomunali;
– metodi di dissuasione dalle infrazioni, come la revisione della patente a punti che impedisca di riacquisire tutti i punti con 2 anni di mancata infrazione; sospensione della patente da 1 settimana a 3 mesi già dalla prima violazione per chi usa cellulare alla guida per usi diversi da navigazione e chiamate con auricolari o in vivavoce;
– velocità di 30 km orari valido in tutti i centri urbani;
– rafforzare il numero di controlli per uso di alcol e sostanze alla guida;
– formazione dei tecnici degli enti locali sulla corretta progettazione degli interventi di moderazione del traffico;
– interventi sul Codice della Strada per rendere legittimi e applicabili tutti gli strumenti di moderazione del traffico adottati nelle migliori esperienze europee (es: il disallineamento dell’asse stradale, arredi funzionali, cuscini berlinesi, allargamento marciapiedi, restringimento carreggiate);
– interventi sul Codice della Strada per l’abrogazione di norme di comprovata pericolosità, come l’obbligo a mantenere il margine estremo della carreggiata per i ciclisti (che obbliga il ciclista ad uscire dal campo visivo dei guidatori, causando molti investimenti nella stessa direzione di marcia), il divieto di procedere affiancati (pratica che favorisce la visibilità e favorisce il sorpasso solo in condizioni di distanza di sicurezza e di visibilità);
– finanziamenti finalizzati anche alla retribuzione del tempo orario dedicato allo svolgimento della loro funzione per i mobility manager aziendali e scolastici, per rendere operativo e praticabile il ruolo che ad oggi viene relegato al volontariato degli insegnanti o a carico delle aziende;
– sensibilizzazione dei media tramite gli Ordini dei Giornalisti (Formazione Professionale Continua) per il corretto utilizzo del linguaggio di cronaca nella narrazione dei sinistri stradali e al problema della violenza stradale, con valenza educativa e culturale ampia.